PROFESSIONE MUSICISTA – Creare un gruppo musicale (parte 1)

Forma giuridica e amministrativa

Nel sistema legislativo italiano è bene scegliere la forma più aderente possibile alla realtà, la meno impegnativa e la più forte in funzione di ciò che ci si accinge a fare. In questo senso possiamo definirci fortunati in quanto il corpus giuridico e fiscale italiano prevede una casistica molto ampia per quel che concerne la scelta della forma in cui far rientrare la nostra attività: da un’attività individuale non a tempo pieno, ad una forma cooperativistica e via via fino a forme societarie molto complesse. E’ necessaria un’analisi seria ed onesta di “chi siamo, da dove veniamo e dove andremo” per delineare un profilo astratto che corrisponda poi a una forma giuridica già prevista dalla legislazione civilistica e fiscale italiana. Naturalmente esiste un rapporto di progressione: man mano che si sale nella scala della complessità della forma giuridica scelta per l’esercizio della propria attività di musicista, è normale che anche la complessità di gestione ne sconti le conseguenze, così come i costi di gestione.
Vediamo singolarmente le possibili alternative tra quelle più comunemente applicate nel settore musicale e scontriamoci subito col primo problema: la forma musicalmente più diffusa è sicuramente quella che vede due o più musicisti riunirsi in un gruppo musicale in cui coralmente dare vita alle proprie creazioni e, sempre in modo corale, dividere gli oneri e gli onori. La difficoltà sta nel fatto che, quando si è in “più di uno” le cose si complicano non poco dal momento che, per il corpus legislativo italiano, essere in “più di uno” vuol dire costituirsi ipso facto in una “società di fatto”, indipendentemente dall’essersi dichiarati come tali.

Comunque la casistica italiana copre tutte le esigenze. Esamineremo le seguenti possibilità:
– musicista senza partita IVA;
– musicista con partita IVA;
– gruppo musicale costituito in associazione culturale;
– musicista singolo/gruppo aderente a una cooperativa;
– creazione di una piccola società cooperativa.

Partiamo dai primi due casi del singolo musicista, amatore o semiprofessionista, che ha raggiunto un livello tecnico e musicale sufficiente per potersi esibire davanti ad un pubblico, e, quindi, per avere una fonte abbastanza costante di entrate.

◊ Musicista singolo senza partita IVA. Prestazione occasionale

In Italia non è indispensabile avere il numero di partita IVA per emettere una fattura valida a tutti gli effetti di legge. Chiunque può prendere un foglio di carta, apporvi una marca da bollo da 2 € (questo solo se l’importo della fattura supera i 78 €), numerarlo progressivamente ed emettere, in questo modo, una “fattura per quietanza” valida a tutti gli effetti di legge.
Questa “fattura” confluirà, con tutte le altre simili emesse durante l’anno, nel modello Unico di dichiarazione dei redditi e subirà la tassazione di conguaglio rispetto alla ritenuta d’acconto (del 20%) che il titolare del locale avrà praticato al momento del pagamento della prestazione. Questo sistema semplificato è utilizzabile solamente quando la prestazione è “occasionale” ovvero numericamente poco importante nel corso dell’anno ed effettuata preferibilmente con committenti diversi.
Questa soluzione copre una grandissima casistica di musicisti, anche nel caso in cui la prestazione venga resa da gruppi musicali: basterà che il titolare del locale paghi la prestazione a ciascun elemento del gruppo singolarmente, applicando a ciascuno la ritenuta d’acconto del 20% e le ritenute ENPALS, per assolvere ogni obbligo nei confronti del fisco, e il documento ricevuto dai musicisti avrà per lui valenza di fattura a tutti gli effetti.

◊ Musicista singolo con partita IVA. Prestazione continuativa

Può essere che il musicista abbia convenienza ad aprire la partita IVA, anche solo per “scaricare” gli strumenti e le attrezzature acquistate, magari in unione con il materiale per la registrazione e la produzione discografica sia pure in piccola o media serie.
Fiscalmente il musicista è equiparabile ad un professionista, pur non esistendo in Italia un vero e proprio albo professionale. Per questo dalla persona che dovesse svolgere questa attività in modo prevalente e continuativo, il fisco si aspetta l’apertura (attribuzione) del numero di partita IVA e l’applicazione del particolare regime dei professionisti.
Il musicista, a questo punto, diventa per il fisco un co-co-co, collaboratore coordinato e continuativo, in quanto la sua prestazione sarà oggettivamente continuativa e coordinata, di volta in volta, da un committente diverso.
Per aprire la partita IVA, basta recarsi in una qualunque Agenzia delle Entrate sparsa sul territorio italiano, non necessariamente quella di propria competenza, compilare il modulo AA9/6 con l’indicazione dei dati anagrafici e l’attribuzione è immediata. In alternativa è possibile anche recarsi in un CAAF o da un professionista abilitato alla trasmissione telematica con il Ministero (Dottori e Ragionieri Commercialisti) e far eseguire la pratica per via telematica.
Anche in questo caso il musicista/tecnico rilascia un documento fiscalmente valido a tutti gli effetti e che, in questo caso, è una vera e propria fattura numerata progressivamente e assoggettata a IVA e contribuzione.
I musicisti però, non avendo una propria cassa professionale e non essendo né artigiani né commercianti, non hanno altra via che iscriversi (mediante una lettera alla sede INPS di competenza inviata non appena aperta la partita IVA) alla “Gestione Speciale”, attivata dall’INPS circa 5 anni fa, per sopperire alla mancanza di un fondo che potesse accogliere tutta una serie di situazioni non ricompresse nei rami esistenti.
NB: occorre sempre effettuare il calcolo sull’importo lordo.
La ritenuta d’acconto è versata dal committente entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento della fattura, mentre il contribuito INPS se lo verserà il prestatore d’opera nel proprio Modello Unico 740, effettuando il conguaglio tra quanto fattosi pagare dal committente a titolo di “rivalsa” e la quota residua a suo carico, calcolata sul suo imponibile naturale ad esercizio concluso.

Quanto alla tenuta della contabilità, il soggetto ha tre possibilità:
– contabilità semplificata (solo tenuta dei registri delle fatture);
– contabilità ordinaria (tenuta del registro delle fatture + libro degli incassi e giornale);
– contabilità a regime speciale tramite la SIAE.

Nel primo e nel secondo caso la differenza consiste nel diverso trattamento che si ha in sede di accertamento dei redditi, mentre nel terzo caso la differenza è sostanziale in quanto il calcolo dell’IVA non è più matematico, ma viene calcolato con un abbattimento forfettizato.
La convenienza di un regime in preferenza ad un altro è collegata alla valutazione degli investimenti eseguiti e delle spese che si incontrano durante l’esercizio della professione. Se queste sono consistenti i primi due sicuramente convengono. Invece in presenza di poche spese di gestione e di basso investimento iniziale, spesso conviene tenere il terzo regime che svincola persino dall’obbligo di dover per forza tenere le scritture contabili e tutte le incombenze e i costi che ne conseguono.
E’ comunque caldamente consigliabile rivolgersi ad un professionista del settore, almeno per qualche informazione preliminare, anche perché in sede di apertura della partita IVA occorre effettuare alcune opzioni o revoche. Ad esempio: se non vi è revoca, il regime naturale di attività IVA del musicista è quello in convenzione SIAE, per cui se si opta per la contabilità semplificata occorre fare un’apposita specifica revoca rispetto a questo regime.

Una volta aperta la partita IVA si è, a tutti gli effetti, un professionista, con tutti gli obblighi, ma anche tutti i vantaggi, del caso:

– Obblighi principali: cura nella tenuta della contabilità conformemente al regime fiscale imposto dai propri limiti di reddito oppure scelto al momento della richiesta della partita IVA, pagamento delle imposte conseguenti (IVA, IRPEF, IRAP, ecc.); obbligo di inquadramento in un fondo pensionistico.

– Vantaggi principali: possibilità di scaricare tutti i costi sostenuti nel corso della propria attività, in particolare quelli relativi a viaggi, spostamenti e carburanti, manutenzioni e riparazioni (con alcuni limiti imposti dal Testo Unico delle imposte sui Redditi), l’acquisto di materiale informatico, di strumenti musicale e tutte le altre spese che normalmente un musicista sostiene per l’aggiornamento e la manutenzione della propria strumentazione. Inoltre la possibilità di recuperare, in alcuni limiti specifici, l’IVA sugli acquisti e sulle spese.

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