La vita fiscale dell’Associazione senza scopo di lucro
Dal punto di vista fiscale le Associazioni culturali godono di un trattamento che sembrerebbe essere di notevole favore, ma che opportunamente analizzato, risulta rispondere ad una precisa logica civilistica e fiscale.
Innanzi tutto occorre chiarire che non è vero che le Associazioni culturali compiono operazioni esenti da IVA nonché da imposte: ciò è vero, ma limitatamente e con esclusivo riferimento all’”attività svolta nei confronti degli associati e dei partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali” (Art 111 Testo Unico Imposte sui Redditi).
Il disinteresse della Pubblica Amministrazione nei confronti delle Associazioni culturali dipende solo da fatto che è “poco redditizio” instaurare un vero e proprio rapporto fiscale con un soggetto che, nel caso di una vera e propria tenuta di contabilità da parte di questi soggetti, risulterebbe perennemente a credito di imposta, con un evidente svantaggio da parte dell’Amministrazione. Questo ragionamento lo si può quindi applicare anche a un complesso artistico che, costituitosi sotto forma di Associazione culturale, non distribuisce gli eventuali proventi dei concerti ai propri musicisti ma li reinveste in altre iniziative volte al conseguimento dell’oggetto associativo: tipicamente la diffusione della propria musica o di quella di gruppi a esso affini.
Pur con i limiti sopra esposti, le Associazioni godono, dunque, di una particolare situazione di favore. Infatti nelle Associazioni politiche, culturali, religiose e sportive non sono soggette a disciplina IVA le “cessioni o prestazioni ai soci effettuate in conformità alle finalità istituzionali espressamente previste dallo statuto e volte alla realizzazione degli scopi sociali, anche se eseguite verso il pagamento di corrispettivi specifici o contributi supplementari”. Mentre sono soggette a IVA le operazioni estranee alle finalità istituzionali o le operazioni effettuate nei confronti di soggetti non soci o soci “temporanei”, o ancora soci con poteri limitati, salvo che questi soggetti esterni non siano altre Associazioni aventi finalità e scopi affini.
◊ Attività mista
Si potrebbe anche pensare di utilizzare l’Associazione culturale non solo per produrre la propria musica, ma, per esempio, per intrattenere rapporti più complessi con gli Enti Pubblici (scuole, Comuni, Biblioteche, ecc.). In questa situazione potrebbe anche capitare che il gruppo musicale, più che l’esecuzione di concerti veri e propri, possa trovarsi nella situazione da una parte di dover avere una contabilità vera e propria per la tenuta dei concerti, la vendita di dischi, ecc., mentre dall’altra di agire quale Associazione culturale vera e propria ovvero con finalità istituzionali che affondano le radici nella cultura e nell’approfondimento della conoscenza di determinati ambiti. E’ questo, per esempio, il caso di gruppi blues, folk, jazz, di danze etniche nei quali il repertorio che viene portato in giro nella stagione dei concerti in realtà nasce da un lungo e approfondito lavoro di ricerca, elaborazione e arrangiamento compiuto nei mesi precedenti spesso facendo riferimento a corsi e seminari organizzati d’accordo con pubbliche istituzioni e scuole.
Nel caso di Associazioni che svolgano un’attività di tipo misto e cioè nel caso che una sezione della stessa si occupi della vita sociale, mentre un’altra intrattenga rapporti commerciali (realizzazione di concerti, vendita di cd, ecc.), sarà necessario tenere distinta la contabilità della sezione no-profit da quella profit, in quanto ciò costituisce condizione essenziale per evitare quella commistione di conti che genera il meccanismo dell’attrazione fiscale della prima verso la seconda.
In parole povere: se non è possibile scindere la materia non imponibile dalla materia imponibile per il fisco italiano tutto quanto risulterà compreso in quest’ultima categoria e, di conseguenza, il tutto sarà assoggettato ad IVA e a tassazione.
Quindi gli enti non commerciali possono detrarre esclusivamente l’IVA relativa all’attività commerciale con contabilità separata: non sarà dunque detraibile l’IVA relativa a spese sostenute per la parte non commerciale dell’Associazione (per principio di inerzia e per reciprocità).
Le fatture ricevute come Associazione no-profit non debbono necessariamente essere numerate, protocollate e registrate, ma possono semplicemente essere conservate per eventuali verifiche.
Allo stato attuale delle cose, quella di costituirsi in Associazione sembrerebbe ancora essere una delle soluzioni più semplici per poter avere una veste ufficiale senza doversi sobbarcare l’onere di una vera e propria tenuta della contabilità. Infatti nelle Associazioni culturali senza scopo di lucro gli adempimenti previsti sono minimi: un minimo di tenuta di scritture contabili su registri non vidimati giusto al fine di poter redigere il bilancio per sottoporlo all’approvazione dell’assemblea dei soci e conoscere con precisione e con trasparenza il patrimonio sociale.
Non solo, ma una volta che dovesse rendersi necessario emettere una fattura, l’Associazione culturale può farlo in qualsiasi momento “convertendo” il codice fiscale in “partita IVA” e, quindi, costituendosi automaticamente come soggetto fiscale a tutti gli effetti per quella parte di ricavi che dovesse esulare dall’attività associazionistica vera e propria. A questo proposito è bene ricordare che vi è stata, negli ultimi anni, una “attenzione” sempre maggiore dei verificatori nei confronti di moltissime situazioni che, dietro la facciata associativa, celano vere e proprie imprese commerciali (soprattutto corsi e scuole) con fatturati anche rilevanti.
E’ bene, dunque, assumere presso un professionista informazioni dettagliate sull’operazione e sui necessari requisiti formali, per non trovarsi nella situazione di una verifica in cui si vedono disconosciuti i costi (perché sostenuti da un’Associazione e mancanti del requisito formale della registrazione su registri validamente costituiti), ma addebitati i ricavi (perché imputati a un ente riconosciuto come commerciale), con tutto ciò che ne consegue sul piano civilistico (partecipazione a una società irregolare e conseguente responsabilità solidale e illimitata dei soci), fiscale (tasse e imposte non versate sia come “società” sia come “soci”) e contenzioso (impossibilità di produrre una documentazione fiscale riconosciuta o addirittura impossibilità a costituirsi come convenuto).
Primo requisito essenziale è che il socio non deve ricevere alcun compenso per la propria opera prestata volontariamente nell’ambito delle finalità istituzionali dell’Associazione.
Del resto, che il socio non abbia ricevuto compensi né rimborsi spese per la propria partecipazione all’oggetto sociale risulta anche da un documento ufficiale e formale (cioè con precisi requisiti di legge): la richiesta di esonero, che le Associazioni possono richiedere all’ENPALS, a patto che:
– il gruppo si sia costituito in forma di Associazione culturale (sia pure con quel minimo di formalità che è costituito dal possesso del codice fiscale);
– i proventi dei concerti non vengano a nessun titolo distribuiti, neppure come rimborso spese.
Quello delle somme corrisposte da un’Associazione senza fine di lucro ai soci che ricoprono cariche sociali a titolo di rimborso forfetario è un quesito ancora da risolvere in modo definitivo. Occorre infatti in particolare capire se il rimborso abbia o meno una natura in un certo senso risarcitoria di una eventuale diminuzione patrimoniale subita quale conseguenza della prestazione effettuata nell’interesse del datore di lavoro e non il carattere di compenso o ricompensa. Occorre dunque verificare se esiste un rapporto tra la prestazione e il rimborso, cioè un corrispettivo per la prestazione. Quindi occorrerà accertare, caso per caso, se le somme corrisposte dall’Associazione quale rimborso spese forfetario per l’opera occasionalmente prestata dal socio rivesta o meno carattere risarcitorio o di compenso.
In ogni caso, onde evitare l’insorgere di un contenzioso tributario e di tutto ciò che ne deriva è bene evitare il più possibile che l’Associazione rimborsi spese ai propri soci senza che questo rimborso sia suffragato da adeguate pezze giustificative. Ciò consentirà di evitare anche il contenzioso con l’ENPALS.
Riepilogando i passi da fare, in concreto, sono:
– costituzione di un’Associazione culturale mediante stesura e registrazione dell’Atto costitutivo e dello Statuto;
– richiesta del codice fiscale della stessa;
– richiesta di agibilità all’ENPALS fatta ogni anno solare da ciascun membro dell’Associazione e tramite l’adesione ad associazioni riconosciute dall’ENPALS e obbligo di non dare alcun compenso ai propri associati, sotto nessuna forma (questo ai fini ENPALS).
In particolare è importante considerare con attenzione il problema della scelta del regime contabile relativo all’applicazione dell’IVA e la convenienza, o meno, di optare per una delle innumerevoli possibilità offerte dal sistema fiscale vigente in Italia: in sostanza si tratta di calcolare la convenienza, o meno, di optare per il regime “normale” piuttosto che per quello che consente la “forfetizzazione” dell’IVA in cambio di minori incombenze contabili.
Tutto ciò in relazione anche al tipo di attività che si intende svolgere, al giro d’affari presunto e al tipo di soggetto che svolgerà questa attività, nonché agli investimenti economici che si intendono fare per lo svolgimento dell’attività stessa.
Prospetto riassuntivo degli obblighi degli enti non commerciali
– Ente non commerciale che non ha proventi di natura commerciale (Art 51 e Art 108 comma 1 del DPR 917/86)
- nessun obbligo di scritture contabili (solo un flusso di cassa al fine di poter redigere il bilancio);
- nessun obbligo di dichiarazione dei redditi a meno che non abbia trattenuto delle ritenute di acconto, caso in cui presenterà il modello Unico 760/bis ai soli fini IRAP ed “ex 770”.
– Ente non commerciale che ha esercitato solo occasionalmente attività commerciali
- nessun obbligo di scritture contabili;
- obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi (Modello Unico 760/bis) solo in presenza di redditi.
– Ente non commerciale che ha conseguito proventi da attività economiche inferiori a 25.883 € (Lire 50.000.000) e che ha esercitato l’opzione prevista dall’art. 9-bis della Legge 398/91 poi modificata dalla Legge 544/99
- nessun obbligo di scritture contabili;
- obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi (Modello Unico 760/bis) con il pagamento delle imposte sulla base del coefficiente di redditività del 6%, calcolato sull’ammontare dei proventi commerciali (contabilità separata).
– Ente non commerciale che ha conseguito proventi da attività economiche inferiori a 25.883 € (Lire 50.000.000) e che non ha esercitato l’opzione prevista dall’art. 9-bis della Legge 398/91 poi modificata dalla Legge 544/99
- possibilità di tenere la contabilità semplificata (Art 18 del DPR 600/73) o la contabilità forfetaria (Art 109-bis del DPR 917/86);
- presentazione della denuncia dei redditi (Modello Unico 760/bis) in ogni caso;
pagamento delle imposte solo se emerge dall’Unico 760/bis reddito imponibile.
◊ L’adesione a una cooperativa già esistente
Se la costituzione di un’Associazione culturale senza scopo di lucro presenta ben precisi limiti di cui il fondamentale è l’impossibilità di corrispondere a qualsiasi titolo denaro o beni ai propri partecipanti, cosa che ne rende consigliabile l’utilizzo solo in situazioni marginali, vi sono altre alternative per risolvere senza grossi problemi la propria gestione fiscale.
Una di esse è l’aderire a una tra le innumerevoli Cooperative di artisti che sono presenti sul territorio nazionale. Spesso le stesse fanno capo ad Associazioni di grossa portata (Arci, Anspi, ecc.), ma in molti casi esse nascono dall’iniziativa spontanea dei musicisti di ogni città i quali condividono con i colleghi la preoccupazione di mantenere corretti rapporti con il sistema fiscale e amministrativo italiano e regolarizzare la propria posizione nei confronti degli Enti strettamente connessi con il mondo musicale (SIAE, ENPALS e INAIL) e poter così usufruire di tutti i vantaggi fiscali, ma anche promozionali di una simile situazione.
Il più delle volte queste Associazioni formalizzano la loro struttura in vere e proprie Cooperative a responsabilità limitata, le quali, oltre tutto, hanno il grosso vantaggio di poter mantenere rapporti “a viso aperto” con la Pubblica Amministrazione con tutti i vantaggi del caso: si pensi per esempio alle recenti leggi di finanziamento per iniziative nel settore turistico (quindi anche l’intrattenimento …).
Oltre alle iniziative locali, stanno nascendo anche Cooperative nazionali con sedi dislocate in tutte le maggiori città d’Italia al fine di poter fornire un servizio completo, ma al tempo stesso assai capillare, ai propri soci sparsi sul territorio.
L’adesione a una Cooperativa esistente presenta innumerevoli aspetti positivi:
– riconoscimento ufficiale dello status di “musicista” professionista;
– collocamento dei soci lavoratori presso gli Enti dello spettacolo;
– certificato di agibilità ENPALS in quanto si instaura un rapporto di collaborazione tra la cooperativa stessa e il proprio socio-lavoratore;
I vantaggi di tutto ciò sono immediatamente percepibili:
– il lavoratore matura un trattamento pensionistico erogato dall’ENPALS in relazione alle giornate lavorative e ai compensi percepiti (10 giorni di lavoro danno diritto al riconoscimento dell’intero mese lavorativo),
– il socio-lavoratore usufruisce degli “ammortizzatori sociali” esistenti (l’indennità di disoccupazione, la malattia, la maternità, gli assegni familiari, ecc.);
– l’assicurazione INAIL per l’infortunio;
– la certificazione del reddito (busta paga, modello 101, ecc.) che consente di avere con il fisco un rapporto assai più sereno di coloro che sono titolari di partita IVA.
Il meccanismo solitamente attuato è piuttosto semplice: l’artista procura, per conto della Cooperativa, il lavoro per se stesso utilizzando la posizione fiscale della stessa per l’emissione della relativa fattura e i versamenti conseguenti ad essa. La Cooperativa invia questo socio presso il committente per l’effettuazione della prestazione e provvede all’emissione della fattura per i compensi percepiti, al versamento dei contributi e all’emissione della busta paga del lavoratore.
Il prestatore d’opera incassa i proventi della prestazione e rimette alla Cooperativa la differenza tra quanto incassato e quanto risultante dalla propria busta paga (tale differenza è data dalla somma dell’IVA e dei contributi previdenziali). Oltre a ciò, solitamente, queste Cooperative chiedono un quid annuale, fisso o in percentuale sul proprio fatturato, a titolo di rimborso delle spese organizzative, di gestione e di segreteria, nonché l’iscrizione come socio.
L’essere socio di una Cooperativa, infine, non comporta alcuna obbligazione particolare, tanto è vero che anche una persona che lavora nel pubblico impiego può tranquillamente iscriversi senza richiedere alcuna autorizzazione in quanto si tratta di una società a responsabilità limitata per di più non assoggettabile al fallimento.
◊ La creazione di una propria piccola società cooperativa
Potrebbe succedere che alcuni musicisti preferiscano fondare essi stessi una Cooperativa al fine di rendere più stabile la loro organizzazione e più trasparente verso la Pubblica Amministrazione e gestire in proprio le loro attività. In questo caso è anche possibile usufruire di quanto previsto dall’Art 21 della Legge 266/1997, conosciuta anche come Legge Bersani, che ha dato vita a una nuova forma societaria, ovvero la cosiddetta “Piccola Società Cooperativa”. Il numero di soci minimo per costituire questo tipo di cooperativa è di 3. Le Piccole Società Cooperative sono assoggettate alla normativa vigente per quanto riguarda la tenuta della contabilità e all’assoggettamento della vigilanza ordinaria (revisione biennale del bilancio).
L’istituto della Piccola Società Cooperativa è uno strumento giuridico sicuramente snello e funzionale, che potrebbe, in moltissimi casi, risolvere il problema della fiscalità di un gruppo musicale con una forma sociale piuttosto stabile e una vera e propria piccola organizzazione economica (molti concerti, una piccola ma costante produzione discografica, ecc.).
La Legge Bersani nell’Art 21 recita che la Piccola Società Cooperativa è una “forma semplificata di società cooperativa”: essa è perciò una Cooperativa a pieno titolo, fatte salve alcune semplificazioni, soprattutto per quanto riguarda la forma sociale: non sono infatti previsti il Collegio Sindacale e il Consiglio di Amministrazione.
Si tratta, in definitiva, di una forma semplificata di una vera e propria Cooperativa: ciò risolve anche un annoso problema per molte Cooperative, cioè quello di essere costrette a sobbarcarsi i costi assai onerosi di una struttura giuridicamente necessaria che in taluni casi superano lo stesso volume degli affari.
Dunque una struttura molto più semplificata che mutua la struttura dalla società commerciale (obbligatorietà del Collegio Sindacale solo oltre un certo limite di Capitale Sociale), ma che conserva tutte le caratteristiche e i vantaggi della cooperativa.
◊ I soci della piccola società cooperativa
Ai sensi dell’Art 21 comma 1 della Legge 266/97 il socio può essere esclusivamente una persona fisica.
I soci possono essere da un minimo di 3 a un massimo di 8: questo anche per differenziare la Piccola Cooperativa dalla Cooperativa comunemente intesa il cui limite massimo di soci è potenzialmente illimitato; ciò consente di poter creare una struttura agile ed efficiente fin dai suoi primi movimenti.
Come in ogni Cooperativa, ciascun socio risponde esclusivamente con il capitale versato, e quindi non vi è alcun rischio patrimoniale con l’adesione.
Per contro, il socio ha degli obblighi ben specifici nei confronti della sua stessa cooperativa:
Obblighi principali:
– obbligo ai conferimenti stabiliti all’atto della costituzione e nel corso della vita sociale a pena dell’esclusione dalla vita sociale;
– obbligo a mantenere fede alle prestazioni accessorie se queste sono previste nell’atto costitutivo;
– obbligo dell’osservanza della legge e dello statuto sociale.
Diritti principali:
– diritto di partecipazione ai risultati che la società sarà in grado di realizzare;
– diritti di voto indipendentemente dal capitale apportato;
– diritto di eleggibilità come amministratore unico, se previsto dallo statuto;
– diritto di ispezione ai sensi dell’Art 2422 del C. C.ed ai sensi dell’Art 1 della Legge 59/92;
– diritto ai dividendi.
◊ La costituzione di una piccola società cooperativa
Diamo solo alcuni cenni sulla costituzione di una Piccola Società Cooperativa, perché sarà infatti bene consultare un professionista prima di dare il via a iniziative di questa importanza, al fine di avere le idee molto chiare sulle possibili implicazioni di ciascuna scelta operata.
La prima incombenza è la costituzione: essa non può avvenire “di fatto” e neppure per “scrittura privata autenticata”, ma deve necessariamente avvenire per atto pubblico e, quindi, avanti un notaio (l’atto pubblico inizia con le parole “Repubblica Italiana …”).
L’atto costitutivo deve contenere tutti quegli elementi giuridicamente “necessari” per l’omologazione da parte degli enti preposti (ex Cancelleria Civile del tribunale ora presso la Camera di Commercio), e cioè: dati anagrafici completi dei soci, denominazione sociale, sede, oggetto sociale, e così via. Il potere di amministrazione spetta all’Assemblea dei soci, ed è necessaria, tuttavia, l’elezione di un Presidente quale rappresentante legale della stessa: dunque in fase costitutiva sarà bene attribuire il potere di amministrazione direttamente all’Assemblea, evitando così la costituzione di un organo, quale il Consiglio di Amministrazione, che spesso è causa di pesanti costi amministrativi e notevoli appesantimenti burocratici nella gestione.
Un altro organo è il Collegio Sindacale, ma esso non è assoggettato alla disciplina delle normali cooperative, ma alla legislazione sulle società di capitali: cioè esso è obbligatorio solo nel caso di capitale investito molto ingente o di fatturati vertiginosi.
◊ La vita sociale della piccola cooperativa
La Cooperativa, anche se piccola, è soggetta alla vigilanza esercitata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale tramite ispezioni ordinarie e straordinarie.
Le ispezioni ordinarie sono effettuate almeno una volta ogni 2 anni e hanno lo scopo principale di accertare l’esatta osservanza delle norme legislative, regolamentari, statutarie e mutualistiche, nonché la sussistenza nel tempo dei requisiti legali per potersi configurare come cooperativa.
Queste ispezioni sono effettuate dai Revisori Ufficiali dei Conti della cui opera si avvalgono le varie Leghe e Unioni di Cooperative presenti in tutte le città e sono solitamente assai meno rigide di quanto si possa pensare dalla descrizione che se ne ricava dalla normativa vigente. Esse si concludono, per lo più, con un provvedimento di “diffida” a regolarizzare eventuali posizioni non consone, con conseguente rinvio a una nuova ispezione; difficilmente si arriva alla censura se non in caso di gravi irregolarità per altro sanzionate anche dal normale regime amministrativo.
◊ Il trattamento fiscale della piccola società cooperativa
Il trattamento fiscale della Piccola Società Cooperativa è equiparato a quello delle Cooperative disciplinate dalle leggi tributarie italiane. A esse, pertanto, si applicano le medesime agevolazioni fiscali e la stessa disciplina circa la rilevazione del risultato d’esercizio e dell’applicazione dell’IRPEG e dell’IRAP, e di tutte le altre imposte e tasse.
In particolare, mi sto riferendo alla non tassabilità delle riserve indivisibili e della capitalizzazione degli utili (fino al 10%), e così via.
E’ ovvio che in presenza della contabilità ordinaria non si può prescindere, con la legislazione fiscale vigente, dall’assistenza di un professionista per la verifica della corretta tenuta delle scritture contabili e delle formalità fiscali.
◊ La costituzione di una società
Se si vogliono fare le cose in grande esiste sempre la possibilità di costituire una Società vera e propria. Essa può essere:
– una società di persone (Società in nome collettivo);
– una società mista persone-capitali (Società in accomandita semplice);
– una società di puro capitale (Società a Responsabilità Limitata o Società per Azioni).
Per questi tipi di società, così come per tutti i soggetti dotati di numero di partita IVA, è obbligatoria una serie di adempimenti:
– possesso, appunto, della partita IVA;
– tenuta della contabilità, ordinaria o semplificata che sia;
– iscrizione alla Camera di Commercio della propria provincia;
– iscrizione alla mutua dei soci (INPS o ENPALS che sia) e all’assicurazione obbligatoria infortuni (INAIL);
– obbligo di presentazione della denuncia dei redditi per società e soci anche in assenza di reddito.
Per il resto si invita a far riferimento alle informazioni reperibili presso le Agenzie delle Entrate o, meglio, all’opera di un professionista, in quanto, man mano che si sale nella scala della complessità delle forme societarie, è anche evidente che variano i sistemi di tassazione, le incombenze previste a livello fiscale e amministrativo e, di conseguenza, i costi di gestione, che possono anche arrivare ad ammontare a diverse migliaia di euro l’anno.
Inoltre la scelta di un tipo di società rispetto ad un altro è fortemente condizionata dalla volontà dei soci di mantenere una compagine molto costante o preferire piuttosto uno strumento più versatile da questo punto di vista, e, infine, la quantità di energie economiche che si intendono investire in relazione a quello che sarà poi il fatturato previsto e quindi all’indice di ammortamento del capitale investito che si intende raggiungere.